Alakara nooi

5 agosto 2017

La prima volta che ho sentito parlare di Africa ero piccolina, avrò avuto poco più di dieci anni quando, non ricordo precisamente in quale occasione, una persona per me molto speciale raccontò il suo viaggio in Uganda. Ricordo di esserne rimasta subito affascinata, attratta, incuriosita. La mia avventura ad Africa Mission è iniziata invece circa tre anni fa, complice un professore di storia dell’arte, l’unico che sia riuscito, durante il mio percorso scolastico, ad insegnarmi davvero qualcosa. I primi passi mossi nella Sede di Piacenza non sono mai stati quelli di una persona disorientata perché immediatamente mi sono sentita accolta come in una piccola famiglia. I primi passi mossi in Uganda hanno avuto lo stesso sapore.

20706246_1612897522085256_613466795_o

Se mi chiedessero di descrivere queste settimane in poche parole sarebbe difficile; le esperienze da raccontare sono troppe, le emozioni vissute anche. Ogni giorno è stato diverso, unico, ricco e intenso. Abbiamo incontrato tantissime diverse persone, incontrato le loro storie e i loro sguardi; abbiamo incontrato le loro mani, la loro voce. Per strada ci siamo sentiti spesso chiamare “muzungu”, termine con cui designano l’uomo bianco; abbiamo appurato che i bambini hanno una particolare attrazione nei nostri confronti, ci guardano come se fossimo delle creature strane e rare ma basta dimostrare fiducia e subito ti prendono la mano dando inizio ad una serie di strane dinamiche e a giochi che potrebbero durare anni. In questi giorni alcune occasioni ci sono state utili per comprendere cosa significhi essere stranieri, diversi, inaccettati. Al contempo, la maggior parte delle volte abbiamo conosciuto la gioia di sentirsi i benvenuti, sentirsi accolti, accompagnati.

Abbiamo conosciuto la fede attraverso i balli e i canti dei ragazzi della parrocchia di Moroto, attraverso le testimonianze e il lavoro dei Missionari del Povero a Kampala o delle suore che a Moroto si occupano di bambini orfani. Abbiamo ascoltato la storia di Bosco, quella della sua infanzia difficile e della sua forza nel prendere in mano la propria vita; oggi è preside di una scuola che accoglie circa settecento alunni in uno dei tanti slum di Kampala. Ci siamo lasciati affascinare dalla confusione della capitale, dall’imponente grandezza del Nilo e dalla vastità della Savana. Il nostro naso ha captato mille odori diversi, la nostra lingua assaporato tanti nuovi cibi, i nostri occhi non hanno mai smesso di osservare, le nostre orecchie e il nostro cuore di ascoltare. Ci siamo sentiti ringraziare tante volte, ma mi sono resa conto che l’unico grazie va a voi, grandi, piccoli, anziani.

20726937_1612896282085380_1441200658_o

Grazie lo dico a voi perché mi avete accolta, perché con i vostri sorrisi mi avete sempre fatto sentire a casa. Perché insieme siamo riusciti a rendere le differenze, non un ostacolo, ma un filo conduttore invisibile che mi legherà a voi per sempre. Grazie perché mi avete insegnato a vedere la bellezza nelle piccole cose, mi avete insegnato a parlare con uno sguardo e a osservare ciò che mi circonda con gli occhi del cuore. Mi avete insegnato a stupirmi, ad entusiasmarmi e a gioire. Grazie perché siete riusciti ad abbattere le mie barriere e a farmi capire che è normale avere dei limiti ma con impegno e volontà si può provare a superarli. Grazie soprattutto perché mi avete aiutato a capire cosa significa amare.

Ho ritrovato amore in un abbraccio, quello con Lydia, che prima di salutarmi mi ha detto “life is hard Sabrina, but is beautiful”. L’ho ritrovato guardando una mamma accudire il proprio figlio oppure accarezzando un bambino e stringendo la sua piccola manina. Nei più piccoli e concreti gesti. L’amore l’ho ritrovato l’altro giorno a Kobulin, quando i parenti dei ragazzi hanno aspettato sotto la pioggia e a tratti sotto il sole cocente, seduti sotto un albero, la consegna dei diplomi dei propri cari. L’ho ritrovato lo stesso giorno nelle persone che durante la sfilata nella cittadina esultavano insieme a quei ragazzi come se fossero i loro figli, i loro fratelli o le loro sorelle. L’amore quello più puro e sincero, quello semplice.

20706311_1612897525418589_601787953_o

Grazie di nuovo perché mi avete insegnato cosa significa non perdere mai la speranza, nonostante le difficoltà e gli ostacoli apparentemente insormontabili. Grazie perché mi avete insegnato. Porterò con me ognuno di voi. Alakara nooi, thank you, grazie.

Sabrina – Piacenza

I primi giorni a Kampala

23 luglio 2017

Ciao a tutti!

Come dite? Non avete più avuto notizie di quei pazzi partiti per l’Uganda? Non sapete neppure se sono arrivati tutti vivi? Allora ve lo dirò io…

Scherzi a parte…

Siamo arrivati sani e salvi, il viaggio è stato lungo e sfiancante ma a parte un po’ di mal di schiena è andato bene; siamo arrivati dai nostri amici di Kampala a notte inoltrata quindi venerdì è stato dedicato a riprenderci e ricaricarci per il vero inizio dell’avventura con un breve giretto nella città e un po’ di relax.

La sera ci siamo fatti seri e ci hanno introdotto e preparato (quel po’ che è possibile) all’attività di sabato: servizio dai MOP (Missionary Of the Poor)

Non è facile parlare dell’esperienza di sabato mattina, non conosco una parola che possa descrivere anche lontanamente l’impatto che ha avuto quella realtà ma ci provo (e vi chiedo preventivamente scusa nel caso dovessi fallire). Ce ne avevano già parlato, sia a Piacenza che qui a Kampala, ma non era riusciti a rendere le opposte sensazioni di un pugno allo stomaco ed una carezza. I MOP sono frati che hanno scelto di donare la loro vita al povero, nello specifico nella  “casa del buon pastore” di Kiseny vivono bambine, ragazze e donne che altrimenti avrebbero affrontato una vita in strada perché orfane o a cause di disabilità mentali o fisiche.

Il pugno allo stomaco di cui parlavo prima è dovuto sia all’impatto visivo che alle effettive condizioni cui sono relegate dalla malattia alcune ragazze che, in parte, alle “attività” in cui siamo stati coinvolti; ma ho accennato anche alle carezze, queste sono le storie dei missionari e dei laici che li aiutano, i loro gesti e soprattutto la semplicità e serenità con cui si donano. Siamo stati portati la (un grande grazie a tutti quelli che ce lo hanno permesso) per provare anche noi a metterci al servizio, nel nostro piccolo, come fanno loro; ci siamo affiancati ai missionari nelle semplici, e non , azioni che compiono tutti i giorni per le ragazze che stanno li, dal lavare i panni e la struttura al prendersi cura delle donne e bambine fino ad aiutare a mangiare, imboccandole, le persone che non riuscivano a mangiare da sole.

È stato difficile. Anche se farlo insieme con i miei compagni di viaggio lo ha reso un po’ meno difficile. È stato semplice. Grazie ai missionarie alla velocità con cui soprattutto le bambine e ragazze si sono aperte verso di noi e, sembra strano scriverlo, ci hanno accolto.

DSC_0102

Questa esperienza ha occupato la nostra mattinata, mentre dopo essere tornati a casa ed aver pranzato, siamo andati a vedere il mercato del pesce di Kampala, in cui dalla pesca alla affumicatura degli “scarti”, come li definiremmo noi, si compie tutta la lavorazione e la vendita del pesce, affiancata dalla vendita di altri prodotti e dalla preparazione di ciò che serve per lavorare, per esempio la costruzione dal legno delle barche.

Anche questa visita è stata particolare oltre, che per il luogo – il lago Vittoria è molto bello – e le condizioni e gli odori, per l’effetto che noi musunghi (persone bianche) facciamo sulle persone che ci incontrano. Siamo una calamita per i bimbi ma gli adulti non sempre ci accolgono allo stesso modo; si passa dalla apertura di alcuni al “perché siete qui?” di altri, per fortuna pochi.

Veniamo a domenica, ovvero oggi. È una giornata a prima vista quasi vuota ma che in realtà è stata molto utile nella sua tranquillità per farci amalgamare come gruppo e per averci fatto vivere una bella giornata insieme. Al mattino messa nella comunità italiana di Kampala che ci ha accolto e incoraggiato per i giorni a venire. Mentre al pomeriggio siamo andati allo zoo che (anche se non ha riscosso grande successo tra noi) ci ha mostrato tanti animali mai visti prima, dandoci anche qualche spunto di riflessione.

Un’altra cosa importante sono gli incontri “serali” che facciamo tra di noi guidati da Giorgio e Cristina per tirare le somme della giornata e condividere ciò che abbiamo vissuto, sembra banale ma vi assicuro che è fondamentale.

Raffaello – Piacenza